MOVIMENTO LETTERARIO
UniDiversità
Associazione Culturale Lo Specchio di Alice
Bologna
PRESENTAZIONE DEL ROMANZO
COLLETTIVO
GIUSEPPINA ROSSITTO
e 30 AUTORI
Fra le alture e i dirupi, noi
Bologna, 19/1/2013
Introduce
dott.ssa GIOVANNA FONTI
per Armonie e co-autore del Romanzo
Conoscere
l’Associazione Armonie e l’impegno per le donne
Presenta
dott.ssa GIUSEPPINA
ROSSITTO
Presidente del Movimento Letterario UniDiversità
Associazione Lo Specchio di Alice
Autrice e curatrice del romanzo
Intervento critico
prof. ANTONIO FAETI
(critico letterario)
LEGGONO PASSI DEL LIBRO:
Giuseppina Rossitto
Stefania Ferrini
Mirna Magnani
PRESENTAZIONE
DEL MOVIMENTO LETTERARIO UniDiversità
Giuseppina Rossitto Presidente del Movimento Letterario UniDiversità e Antonio Faeti, Critico Letterario
Intervento della curatrice: Giuseppina Rossitto
Scrivere un
libro è un’avventura avvincente da secoli. Lo si può fare avvalendosi della
scienza o della coscienza, o di entrambe al contempo.
L’odierna
società civile vede un acculturamento elevato e la scrittura funziona non solo
quale strumento attraverso il quale apprendere, ma anche come strumento per
esprimere idee, pensieri, emozioni, tendenze.
Sono
state superate anche le barriere anagrafiche: può scrivere un libro un giovane
diciottenne; può scrivere un libro una persona pensionata, un modo intelligente
per occupare il tanto tempo o per lasciare una testimonianza; può scrivere un
libro una casalinga che ha imparato a legare l’immagine di una pietanza alla
sua ricetta. Quanti esempi si possono fare… Il fatto è che la carta stampata – di cui si decanta da tempo la fine –
mai come in questi anni, nell’era del web, ha trovato largo uso,
sostituendo, in un certo qual senso, la documentazione fotografica su carta
impregnata e le lettere su carta profumata, che i nostri nonni e genitori
archiviavano negli album fotografici di famiglia e nei cassetti legati da
nastri colorati.
Ben vengano
dunque queste espressioni di gioia o, a volte, di dolore, di vita vissuta:
semplici o altolocate biografie, sentimenti di pace e di guerra, momenti da
ricordare, infanzie da tramutare in favole per i nipotini, novelle di un tempo
paesano perduto e da tramandare. Tutti
preziosi documenti per chi vuole studiare percorsi evolutivi umani. Ricordo
i sociologi americani del secolo scorso che studiavano i flussi migratori
provenienti dall’est europeo attraverso le lettere inviate e ricevute dagli
emigranti. Poche parole, scritte per lo più da individui analfabeti, dai quali
era possibile studiare gli equilibri interni alla famiglia di origine e i
sentimenti espressi e prevalenti.
Difficilmente tuttavia
questa documentazione può arrivare a un pubblico vasto.
Fra
questo microcosmo di “scrittori per caso” e i “veri scrittori”, quelli che tali
sono dichiarati al fisco e che ricevono compensi professional-commerciali da
editori, vi è un altro mondo, vasto e variegato, di persone che hanno
requisiti, competenze, entusiasmo, estro, abilità organizzative tali che non
sfruttarle sarebbe un vero peccato individuale e sociale.
Io penso che
dentro questo mondo mediano debbano nascere manifestazioni collettive che
favoriscano l’originalità, le competenze e la divulgazione.
E allora,
voglio dire qualcosa agli autori che collaborano con me nella edificazione del
Movimento Letterario UniDiversità che non è più un sogno, ma il progetto di una dimensione comune, in stato di avanzamento
lavori.
È per la
realizzazione di un progetto che cerco complicità e collaborazione a tutti i
livelli, c’è spazio per tutti. Aggiungerei che parlo di un progetto sempre sperimentale.
Cos’è un movimento
o corrente letteraria, o cenacolo?
È una tendenza, riconducibile alla
poetica, allo stile, ai contenuti che influisce sugli scrittori del tempo in
cui si sviluppa. Alcune
sono vere e proprie scuole o movimenti di avanguardia in cui gli
autori stessi si riconoscono, altre sono state individuate e definite a
posteriori dagli studiosi e dai compilatori d’antologie.
Con il
termine ampio di movimento si individua in sociologia un’entità collettiva
con una certa strutturazione organizzativa, che si identifica per le finalità
espresse dagli aderenti.
Quali
sono gli elementi distintivi?
1)
All’interno
del gruppo le relazioni sociali si caratterizzano per il senso cooperativo, per il coinvolgimento e la carica emotiva.
2) Più in generale,
i movimenti si fanno portavoce di
esigenze di cambiamento, rinnovamento,
difesa, protesta. L’azione non è
rivolta solo all’interno dei membri, ma necessitano anche iniziative esterne
all’istituzione. Essi sono perciò
soggetti promotori di politiche socio culturali. Tradizionalmente hanno una leadership di istruzione alta, per dare contenuto e importanza alle questioni
affrontate.
3)
Altro elemento identificativo di un movimento
letterario è il disegno progettuale che esprime il cambiamento di cui si fa
portatore e propugnatore attraverso una organizzazione che garantisce
continuità. Ecco perché occorre
l’adesione attraverso il tesseramento, la
partecipazione, sì, volontaria ma sulla
quale il movimento deve poter contare per la continuità.
La strada della
nostra esplorazione e davanti e dietro di noi. Quando dico noi, intendo gli
oltre 1300 soci che sono passati da Lo Specchio di Alice e, al loro interno, il
core, ovvero quei soci che negli ultimi quindici anni hanno scritto senza
soluzione di continuità, prima con la Collana La mia voce da grande, poi
con la Rivista Quaderni e la Collana Wiola, che dirigo e curo con
passione.
4) Il motto che
individua il nostro Movimento è l’UniDiversità.
5) Il disegno
progettuale è il Romanzo Collettivo e la scrittura legata agli Incontri per
Riflettere.
Le altre
espressioni artistiche fanno da corredo alla nostra poetica e narrativa.
Quello che
voglio ribadire agli autori del romanzo appena uscito dalle stampe e ai nuovi
che parteciperanno ai prossimi progetti collettivi è:
bisogna crederci
e adopera tersi per dare il meglio dell’impegno, qualunque sia il punto di
partenza che invoglia a riempiere di inchiostro nero il foglio bianco.
In questi otto
anni non nego il mio intento di influenzare gli autori che hanno collaborato
verso un tipo di scrittura riflessiva, volta all’esplorazione dell’animo umano
e del sociale. Devo dire grazie per quanto è stato prodotto, perché è stato uno
sforzo per tutti, ma anche un arricchimento. Un giorno forse scriverò di questo
esperimento, sociologico e letterario, e sarà sorprendente scoprire quanto autori e personaggi si somiglino.
Non mi riferisco ai profili autobiografici, a volte presenti a volte no, ma al
modo di partecipare all’opera editoriale, attraverso le parole messe in bocca
ai personaggi. Personaggi che prendono vita e ci sostituiscono come
controfigure, di cui stranamente non mantengono l’aspetto esteriore, ma l’animo
e il modo di pensare.
Ho
scelto due percorsi fra i tanti all’interno del romanzo:
1) Il percorso
poetico di Talìa;
2) un percorso di
sentimenti amorosi di cui si fanno portatori i nostri personaggi.
Il
percorso poetico di Talìa
ROSSITTO
Disseminato,
dentro le pagine del romanzo, vi è un percorso poetico attraverso il quale Talìa
fissa le tappe del viaggio immaginario fra le alture e i dirupi della vita.
Non percorre le
vie del passato, l’ieri, per fortuna, scorre lesto. Nella dimensione del
presente vi è la consapevolezza della precarietà. - data sono in prestito
alla vita - È al futuro, perciò, che guarda, benché in esso risieda la fine
di ogni cosa - nel domani, lo so, mi perderò/ eppure della sua attesa io
vivo.
Il futuro è
tutto da costruire. Una buona dose di volontà e d’incoscienza e altrettanta di
fortuna
sono gli ingredienti principali delle future costruzioni. I momenti di
coscienza, di pensiero e di ponderazione alimentano invece quel senso di
inadeguatezza piena rispetto alla vita.
Talìa,
come qualunque essere umano, ha la consapevolezza che la vita, in fin dei conti,
non è che un continuo scorrere, un perdersi; eppure il desiderio di vivere avvampa...,
eccita fino al punto di desiderare di perdersi con tutti i suoi detriti nell’immenso
mare, sebbene quest’ultimo a volte duro ti scarta poi con la risacca.
Data in prestito
alla vita
Nel domani, lo
so, mi perderò,
eppure della sua attesa io vivo,
riversa vado oltre l’ora buona.
Ieri e l’oggi scorrono lesti,
non tanto da non lasciare effetti
sul pensiero che vive in agonia.
Data sono in prestito alla vita,
alla sedia, al tavolo, alle persone
che, poche, battono alla porta.
Vorrei rimuovere le travi tarlate,
far crollare l’incerta armatura,
avviare una nuova costruzione.
L’ardire rimane come rappreso
nell’elevato intestino bianco e grigio,
nutrendosi d’avventura e di ventura.
Due vesti cadenzano il mio tempo,
mai ne sgravo le vizze membra
denudandomi del greve e del sottile.
Un senso di inadeguatezza piena
in coscienza mi avventa e riassale
perché ancora pondero, so pensare.
Avvampa fra le gambe l’acre sacca,
voglia ha di erompere alla foce,
perdersi con tutti i suoi detriti,
molate pietruzze e pagliuzze d’oro,
ché il mare tutto accoglie, nulla
rifiuta
né scoli, né fiumane, né vita umana.
T’accoglie
come madre a braccia aperte,
come
matrigna si nutre del desiderio,
duro
ti scarta poi con la risacca. (G. Rossitto)
E allora Talìa
invita ad inseguire i sogni, ad allontanarsi da tutto quello che è abituale,
che si custodisce e ci custodisce in salamoia: si smarrisce la mente,/ nel
sogno di ogni notte bugiarda… Scorrono immagini sovraffollate, mentre
quello che più si desidera è la riflessione in solitudine, fra le piccole e
grandi cose che ci circondano e che difficilmente si apprezzano.
Nella dipartita s’incendia
la mente e il corpo di calore. Un desiderio di lasciarsi andare, di
smarrire il senno invade la mente, perché possa staccarsi più facilmente dalle
cose che ci circondano, in primo luogo le case, i cui sapori, voci e odori ci
inseguono ovunque andiamo.
Altre case e
voci e odori si incontreranno lungo il viaggio, ma chissà se saranno aperte,
conosciute e se ci sforzeremo abbastanza per facilitarne la conoscenza. Questa
è la vera sfida del viaggio: la conoscenza dell’umano.
Le mura si
perdono
L’incontro con le mura che si perdono,
intima riflessione su verità cristalline
che ravvivano le piccole e grandi
scatole
per la custodia in salamoia degli umani.
Il vetro su cui batto il capo amplifica,
poi...
le voci si perdono ma non veloci, né
veloci
si perdono gli odori di scantinati, il
tanfo
di cantine, il profumo di latte dei
neonati.
Li sento con il pensiero non coi sensi,
ché né da porte, scale o scuri
spalancati,
possono giungermi gli odori veri,
che il respiro inonda i polmoni.
Mi allontano, si smarrisce la mente,
nel sogno di ogni notte bugiarda.
Vorrei già fermarmi alle mie pietre,
ma danzano sotto braccia arcuate.
Scorrono immagini sovraffollate,
urge il deserto, il piano sconfinato.
Non voglio legarmi a nomi a ricordi,
sospiro e rabbrividisco agli addii.
Saluto le case, le macchine agitate,
stranamente amate per le voci, gli
aliti,
le minuscole particelle di carburi.
Valuto distanze fra quel che lascio e
bramo.
S’incendia la mente e il corpo di
calore.
Lasciati andare – mi dico – smarrisci il
senno.
Le scatole abbonderanno per la via,
legate l’una all’altra da ansie e
desideri.
Nella strada che avanza nullo divieto.
Se ponti si pareranno nell’andare,
apriranno varchi verso verbi ignoti
di uomini, di animali e di natura. (G. Rossitto)
Nell’aria
delle alture Talìa incontra altre donne, non semplici donne, ma poetesse con
cui si confronta. Il suo è un incontro nella finzione. L’eremo che raggiunge,
in compagnia di Selmo, non è che una grande biblioteca; le finestrelle, dalle ante
basculanti, che si aprono al suo passaggio lungo il corridoio, non sono che
libri che escono dagli scaffali e che lei apre, per conoscere il pensiero di
poetesse presenti e passate.
La
poesia è il veicolo di comunicazione, lo strumento d'incontro con queste
donne, dalle quali Talìa si sente attraversata - compagne di fuoco, di
miseria,/ di giochi oscuri e incatenati.
Scopre
le assonanze di pensiero, si apre e fa la sua dichiarazione senza mezzi termini:
Io a voi mi sento uguale,/ nelle passioni che bruciano di sole/ e poi si
spengono nel silenzio della luna.
La
poesia è per Talìa una pratica di vita, una dote, ha la funzione
di lavare il corpo, di pacificare; in essa risiedono anche i sogni che non
ho finito di sognare. È disposta a condividerla. E, tuttavia, sente che in
molta poesia delle donne il sogno è fuggito. Il timore, forse la
consapevolezza, che questo possa succedere anche a lei le fa nascere un
sentimento di autodifesa: farò cenere della vostra conoscenza,/ voi siete
sogno dal quale mi risveglio/ vogliosa che s’oblii al toccar terra.
La
poesia dunque è tanto amata ma è anche tanto temuta come la dimora del
malessere dell’animo.
L’aria
delle alture
Donne, che tutte
mi attraversate,
compagne di
fuoco, di miseria,
di giochi oscuri
e incatenati,
la pratica di
vita è tutta la mia dote,
disposta sono a
dividerla con voi,
se solo mi
indicate qual è la via,
l’incontro, ove
i suoni e i rumori vuoti
scorrono come
acqua sopra i piedi,
lavando il
vostro corpo e il mio.
Io a voi mi
sento uguale,
nelle passioni
che bruciano di sole
e poi si
spengono nel silenzio della luna.
Respiro l’aria
delle alture di passaggio,
il mare mi
chiama e pure le basse terre,
i sogni che non
ho finito di sognare.
Sento le voci,
anche se lontane, chiedono
un gesto
leggero, impalpabile, amico.
Se avessi le ali
io qui le porterei.
Nel vostro regno
il sogno è fuggito.
Bianca è la
tunica che indossate,
parla di eterno,
dell’inverno vissuto.
Ma fuori è nuova
primavera,
il sogno è nella
viola e nel pensiero,
nell’oro che
scintilla l’occhio stanco.
Pensavo di
offrir le mani, riempir le vene
della pace che
costruisco con fatica,
della poesia che
eterna mi pervade,
ma farò cenere
della vostra conoscenza,
voi siete sogno
dal quale mi risveglio
vogliosa che
s’oblii al toccar terra. (G. Rossitto)
Ma ogni viaggio ha inizio e poi giunge
alla sua fine. Al tempo dell’esplorazione segue quello del bilancio, un tempo
in cui si misurano chiarore, ombre e profondo buio, e si guarda dentro
e attorno a se stessi.
È
anche il momento in cui le cose più tenere appaiono passate, come sbriciolate
ai piedi.
Il poeta ha il suo giusto abbandono alla
solitudine. La consapevolezza che solo lo spirito di fuga ha reso il viaggio
un’avventura prende sempre più corpo. Ma è una verità amara, un duro letto
su cui placarsi, nebbia per i pensieri.
La
lotta del poeta è contro la fuliggine, l’aspirazione è raggiungere bagliori
e, quando li raggiunge, nessun grido di vittoria si solleverà per riempire
l’aria prepotentemente: Talìa ha solo un canto, un sibilo fra labbra chiuse.
La
mia fuga, le loro fughe
Fisso un punto
nell’ombra della sera,
nell’alto
chiarore e nel profondo buio.
Abbasso poi lo
sguardo, come in pena,
verso la terra
nera come la cinta intorno.
Segno percorsi
con lo sguardo vuoto,
i fiori che ho
in mano e le bionde spighe
semino come
pietruzze sbriciolate ai piedi,
dimentica della
tenerezza con cui li ho recisi.
I pensieri
solitari più non mi scuotono,
come cinici
fantasmi dimorano la mente,
nei giorni di
festa passano la soglia,
abbandonano alla
solitudine il poeta.
Il viaggio
finisce, l’avventura pure.
Mi sono
circondata di compagni
che hanno
mimetizzato la mia fuga,
le tante loro fughe
ho confuso io.
Il muro che
accoglie la mia insonnia,
che cancella le
voci che non vedo
e si offre alle
ombre delle fronde,
è un duro letto
su cui placarmi.
Dormire e dare
spazio alle chimere!
Mentre la
fuliggine annebbia i pensieri
e mi costringe a
rincorrere bagliori,
il mio canto è
sibilo fra labbra chiuse. (G. Rossitto)
PERCORSI D’AMORE "Fra le alture e i dirupi"
TOPAZIA E IL SUO
PRIMO AMORE
«Ma
quello è stato solo un bellissimo amore estivo?» chiede Ada.
«Eh,
sì, non so se purtroppo o per fortuna! – conferma Topazia.
«Ma
perché hai detto purtroppo?»
«Perché
non è finita bene. Aveva vent’anni, ma ancora senza lavoro. È stato a lui che
ho dato il primo, lungo bacio. A scuola, ascoltavo avidamente le confidenze
delle compagne che già avevano vissuto l'esperienza e ora era toccato a me.
Stranita, non manifestai alcuna reazione, ma sulla via del ritorno, mi mostrai
brusca, come indispettita. Mi pareva di dover dimostrare un risentimento che in
realtà non provavo, per non essere considerata una ragazza leggera. Da quel
giorno ci frequentammo regolarmente. Appena ci trovavamo soli, ci abbracciavamo
come pazzi, mi innamorai perdutamente e cominciai a capire cosa fosse la
passione.
Una
sera, ormai buio fitto, Berto si presentò sotto casa e iniziò a tempestare di
pugni la mia finestra. Forse aveva frainteso qualche mia frase “da grande”,
scambiandola per disponibilità. Io terrorizzata chiusi gli scuri, lui era
furioso. Non ero pronta a vivere l'esperienza e non in quel modo. Inoltre,
temevo che gli zii potessero sentire. E poi lo scandalo che ne sarebbe
derivato! Dopo un tempo che mi parve lunghissimo, Berto desistette. Io ero
sconvolta e mi rifugiai nella camera degli zii. La zia, vedendomi tremare,
credette che stessi poco bene e mi fece prendere un'aspirina. Non riuscii più
ad addormentarmi. Ero molto attratta da lui, ma decisi di partire.
CARLOTTA e l’amore che
non l’attende ma non la rifiuta
Carlotta dalla
lunga borsa estrae la vecchia agenda, il suo “Diario Fasullo”: sì, ha un nome e
cognome quel suo compagno segreto. Lo apre e, questa volta, scrive parole
dedicate al suo uomo: “Stamattina ho
allungato la mano e ti ho sentito il respiro. Poi ti ho messo il naso dentro
l’ascella. Sapeva di me, di te, del fieno della nostra mangiatoia. Mi sono
allungata sul tuo fianco e ho lasciato che il peso del mio corpo defluisse sul
tuo. Non ti sei svegliato, ma hai appoggiato più pesantemente la coscia sulla
mia, per dirmi che era tutto ok. Non volevo svegliarti, volevo farti il caffè,
così che mi sentissi trafficare in cucina, e poi sentissi l’aroma, e poi il
bollente e lo zucchero in gola. Molto cautamente mi sono alzata, ti ho portato
il caffè, mi sono infilata nel letto e non abbiamo dormito, ma mugolato e poi
fatto la doccia insieme nel getto.”
Si accorge di
accarezzarsi la coscia con gesto inconscio e sorride.
… Poi, la donna accarezza il suo
giocattolo con un sentimento di grande intimità. Riapre il suo diario e,
volgendo lo sguardo verso il finestrino e poi sul foglio vuoto, scrive ancora
parole al suo amato che non l’attende ma
non la rifiuta, e prova uno strano spasmo che la prende in tutto il corpo
facendole rivivere un intenso trasporto sensuale.
FABRIZIO cerca
l’amore, ma non sa dove si trova
A tavola
Fabrizio fa manovre per sedersi vicino a Natalia. Quando per antipasto vengono
servite le crépes di pasta salata con un filo di miele e formaggio acido:
«Questo è un tipico piatto del Marocco, l’ho visto servire e l’ho mangiato lì.»
dice, accendendo in Natalia l’interesse per il viaggio che ha fatto. Ne
parlano a lungo e ogni tanto Fabrizio inserisce Fatima. Natalia ascolta
interessata, poi, gli chiede con naturalezza: «Quant’è importante la ragazza
per te?»
…«Quant’è
importante? – ripete Fabrizio – Non lo so più! Pensa che ho aderito al viaggio
perché l’itinerario ci porta vicino al paese dove abita Fatima con tutta la sua
comunità. Il pensiero di vederla e chiedere della lettera di addio al rientro
dal Marocco mi ha tenuto sveglio per notti. Adesso, più ci avviciniamo, più la
sento lontana.»
«In
Marocco com’era?» chiede Natalia.
«Era
tenera, affettuosa, senza inibizioni. Durante il giorno eravamo insieme agli
altri e non mostravamo il nostro trasporto, poi, appena c’era una pausa,
eravamo insieme a commentare, a ridere e amarci. Dalla terza notte lei si era
trasferita nella mia camera senza alcun imbarazzo e per me era stata una prova
d’amore… Ma sai quando si è innamorati non si vuol capire.»
La
presenza di Natalia e il discreto interesse per il suo racconto fanno
riflettere Fabrizio. Per questo l’assale un’esigenza impellente di rimanere da
solo. Si avvia verso il giardino e lascia vagare il pensiero, i ricordi si
affollano e non riesce più a dar loro un ordine di tempo. Ha iniziato il
viaggio con Fatima nel cuore e nella mente. A ogni momento, bastava chiudere
gli occhi, ed ecco lei era accanto a lui con la sua prorompente vitalità, con i
colori accesi della sua bellezza. Adesso non basta chiudere gli occhi, ora deve
concentrarsi per richiamarla alla mente… Che cosa può aver determinato il
cambiamento? L’interesse discreto di Natalia, la tranquillità del suo sguardo?
Cento domande, poche, pochissime risposte. Non ha più fretta di arrivare nel
paese di Fatima, non pensa più alle notti di passione con lei.
Talìa
ha notato che è uscito. Si alza e lo raggiunge.
«Allora, sei
indisposto per questa sosta e le altre? Pensi che rallentino il tuo obiettivo?»
«No, non sono seccato, solo confuso!»
«Ho visto che
hai fatto amicizia con Natalia!»
«Dimmi qualcosa
di lei, è sola, intendo, nella vita?»
Un sorriso
enigmatico si affaccia dagli occhi di Talìa e dopo un’affettuosa pacca sulla
spalla: «Ti sei accorto che non ha gli anni di Fatima e che neanche tu hai la
sua età, a dir il vero neanche quella di Fatima? Avranno servito il primo a
tavola, conviene rientrare, non si vive di fumo e neanche si arriva a sera.
Quanto agli amori, sono come le pietanze, bisogna sceglierli non pensando solo
al gusto, ma anche al nutrimento!»
…Fabrizio
ritorna a occupare il posto vicino a Natalia. Non perde tempo, con tatto
elefantino si informa del suo stato civile. L’amica si presta alla sua
curiosità. Lo sorprende, ancora una volta, chiedendogli se è soddisfatto e se
ha intenzione di farle una proposta indecente. La franchezza di Natalia lo
spiazza. Una donna così, ha tutte le qualità di una compagna, che ti dà amore e
amicizia, soprattutto sicurezza. Ha molti più anni di Fatima, anche di lui ma,
a un calcolo approssimativo, è più vicina alla sua età di quanto non fosse lui
a Fatima. L’attrazione per la donna protettiva e non invasiva, soprattutto non
distruttiva, cresce. Però non vuole correre, buttare a mare l’amore ardente e
sensuale di Fatima, vuole rivederla e verificare se c’è la passione di prima.
Ma è proprio vero che vuole rivederla? Che l’ama ancora? Ha intrapreso il
viaggio per trovare delle risposte, ora non è più sicuro di volerle cercare.
Cosa gli genera questa incertezza?
I pensieri lo
saziano, non riesce a ingerire cibo. Ritorna fuori a fumare. Fuma e pensa e i
pensieri si tramutano in angosce.
LAVINIA l’amore vissuto e l’amore perduto
«Pensavo e ripensavo, decidendo di
raccogliere i bicchieri dal tavolo... Mentre ero in cucina Marco non tralasciò
di raccontare nessun particolare della malattia e morte della moglie. Ritornata
in veranda, ormai era mezzanotte, mi sedetti accanto a lui, decisa a fare
mattino: quell’uomo, che amava il borgo come me, che era solo come me, con un
lavoro così diverso dal mio, mi piaceva e mi intrigava intensamente.
Sotto la veranda
soffiava il vento fresco della notte. “Ci vediamo domani al porto?” disse tutto
d’un fiato, e il sì che ricevette da me gli risuonò piacevolmente, e per molti
anni nelle orecchie.»
…Parlando
con Wokker, Lavinia inizia da quella casa defilata rispetto al borgo con le
tamerici sul retro e gli racconta della sua vita con Marco, al quale ha voluto
e vuole un mondo di bene, ma del quale non è da tempo, forse da sempre,
innamorata.
Dice
proprio così: «Gli voglio un mondo di bene. Non riuscirei a vivere senza di lui
e i ragazzi; mi manca già, e sono solo pochi giorni che ci siamo lasciati, ma
non ne sono mai stata innamorata, l’amore della vita mia… No, non è lui, è…» Si
ferma lì. Ripassa le sue parole dalla bocca al pensiero: “Cosa vuoi che
interessi la mia storia a uno sconosciuto!”
Tace
di colpo, si richiude come quei fiori che dal tramonto aspettano il sole del
giorno successivo per riaprirsi.
Wokker la invita a continuare.
«…Era
il tempo in cui ci trovavamo ogni sera sul muretto a bere un vino che ritenevamo
buonissimo, e che oggi chiamerei “tristissimo” …
Rimasi
senza parole incontrando il calore del suo sguardo e lo stupore nel vedere il
mio gesto; notai la perfetta abbronzatura messa ancor più in risalto dalla
camicia bianca. Aveva un aspetto solare e quando mi sorrise, ringraziandomi,
apprezzai la sua voce armoniosa e notai la sua bocca sensuale… Era
semplicemente bellissimo! Facemmo un brindisi assieme – anche il suo amico non
era da meno.»
«Ti sei innamorata di una serata e di
canzoni datate? Sicuramente ci sarà stato dell’altro, anche se mi par di
capire che non vi siete presentati. Come vi siete ritrovati?» chiede Wokker con
tono confidenziale.
A Lavinia non
piace quel tono, forse avrebbe potuto chiudere il racconto a quel punto, perché
mai avrebbe dovuto continuare?
«Ne parli come
se fosse ancora qui: ti guardo e i tuoi occhi hanno una luce diversa, brillano
al buio come un diamante.» prosegue Wokker.
Lavinia riprende
a parlare, in fondo ha voglia di raccontarsi, di rivivere un amore forse non
ancora perduto per sempre.
ADA l’amore
nel trascorrere dei giorni consueti
Quello che Ada deve dire a Sergio non
può aspettare, e comunque non è possibile né facile in una telefonata, dopo lo
scambio di notizie sulla salute loro e dei familiari, esprimergli tutto quello
che le trabocca dal cuore in quel momento... Prende fuori l’amato block notes,
sempre pronto a ricevere le sue confidenze più intime, e scrive al suo amato.
“Caro Sergio,
questo viaggio,
intrapreso così, quasi per caso, o per dispetto, come forse avrai pensato tu
dopo quell’assurda discussione, mi sta facendo pensare molto a noi. Ho
incontrato persone diversissime fra di loro, con alle spalle vicissitudini che
hanno formato il loro carattere e la loro personalità.
Il nostro stare
insieme ha creato un interscambio di esperienze che ha influito positivamente
su ciascuno di noi. E poi abbiamo visto luoghi meravigliosi, che mi hanno fatto
pensare ai viaggi che abbiamo fatto insieme, tu e io: ricordi le nostre
escursioni in montagna, le notti nei rifugi e le partenze con la luce rosata
dell’alba che illuminava le cime tutt’attorno? E poi il mare, non quello
anonimo che si stende dietro una fila di ombrelloni affollati, ma quello che si
rivela con uno spicchio di smalto azzurro fra due colline, e che poi si
raggiunge attraversando dirupi scoscesi, tra i profumi della macchia
mediterranea e il ronzio delle api ubriache di sole?
Questo è
accaduto oggi, questo avrei voluto condividere con te.
…Oggi ho
scoperto quanto ti voglio bene! Sì, certo, è ovvio che ci vogliamo bene, se
stiamo insieme da quarant’anni! Ma proprio “Ti amo”!
… Ho capito che,
nel tempo, l’aver condiviso con te i problemi ha fatto sì che anche le
preoccupazioni fossero dimezzate. Ho pensato a quanto mi hai aiutato con nostro
figlio!
E poi abbiamo
dovuto accudire i nostri vecchi genitori, e c’è stata sempre una piena
collaborazione fra di noi, tu mi hai ampiamente reso con mia madre quanto io
avevo fatto per la tua.
…Abbiamo
dimenticato di quando ogni sera e ogni mattina le nostre mani si stringevano
nel letto, a suggellare la nostra felicità e il nostro amore. Quando abbiamo
smesso di stringerci le mani al risveglio e prima di addormentarci? Non lo
ricordo, ma so che a un certo punto la tua mano incontrava solo la mia schiena,
e allora hai smesso di allungarla verso di me.
Cos’abbiamo
perduto, Sergio mio! No, non perduto, solo temporaneamente smarrito.
Quanto ridevamo
di ogni sciocchezza! Certo, con l’età è normale essere più seri, meno facili al
riso e al divertimento, perché la vita comunque ti segna. Ma la vita ci deve
anche insegnare che dobbiamo godere ed essere grati di quanto ancora abbiamo,
ed è tanto, Sergio mio.
Ci sarà anche
per noi il tempo per la sofferenza, la malattia, i disagi e le umiliazioni
della vecchiaia (ricordi i nostri vecchi?). Quando tu mi dici scherzosamente,
ma pensandolo veramente, che fra noi due tu sarai il primo ad “andartene”,
forse sarà un desiderio egoistico, ma è anche, credo, una dichiarazione d’amore
per me, tu non vuoi perdermi, non vuoi piangere per me.
Io non so chi
“lascerà” l’altro, ma so di sicuro che finché staremo insieme farò di tutto per
dimostrarti quanto ti voglio bene.
Perché, se basta
un momento per innamorarsi (ricordi quando uno sguardo ci trasmetteva una
scarica in tutto il corpo?), ci vuole tutta una vita per amarsi.
Ciao amore mio.”
LENA e la sua infanzia rubata
Le amiche non vi hanno fatto caso, ma,
già da dieci minuti, Lena stringe gli occhi forte, e ancor di più la bambolina
di pezza fra le mani. Il suo volto è pallido, il respiro diventa sempre più
affannato. Carlotta si accorge del suo disagio: «Stai male?» le chiede.
«È un problema
tutto mio, solo mio, un problema che credevo superato, invece… mi assale
all’improvviso… cerco di controllarmi ma la tensione aumenta e un tremito mi
assale.»
Smette di
parlare, cerca le parole giuste per spiegare alla sua vicina, ma non le trova.
«Mi vergogno, ho un attacco di panico, una paura incontrollata che mi
paralizza. Succede anche alla mia bambina. Il cuore ci batte all’impazzata, la
testa ci scoppia, mi sento morire senza sapere il perché. La mia bambina invece
dice di sapere cosa la fa star male, ma non vuole dirlo a nessuno. Io sono una
persona educata a tenere tutto sotto controllo: ruolo, rapporti sociali,
emozioni. Una vita “perfettina”, dove non bisogna mai cedere all’istinto,
l’eros è soffocato, la fantasia imbrigliata, la spontaneità repressa. Ho
l’istinto di vomitare, che vergogna! Come la mia bambina, che vergogna!»…
«…La mia bambina era fortunata,
materialmente aveva tutto, ma affettivamente le mancava tutto. Il vecchio nonno
le diceva che le voleva bene, quando il papà andava via con la mamma e la zia e
mancavano l’intera giornata. Le stava sempre accanto, l’abbracciava, la
toccava: le braccia, la schiena, il dorso, le gambe. Poi le toglieva il
vestito, per non sporcarlo diceva, ma lo buttava per terra, e lì si sporcava
veramente. La toccava… diceva di volerle bene... Ma la bambina tremava, Ho
tanta pena per la bambina che porto dentro, vorrei darle pace, alleviare la sua
solitudine. Non sono pazza! Non è facile parlare quando custodisci un grande
segreto, anche quando la vita ti è venuta incontro, quando il tuo compagno ti
adora dal primo momento che ti ha vista. Mi sembra di non aver saputo dare e
ricevere amore, che nessuno mi abbia insegnato come si difende l’amore grande
della tua vita: c’è amore più grande di quello che devi alla tua bambina?
… Sono passati tanti anni da quando la
mia bambina ha vissuto sulla sua pelle la follia degli adulti, una follia che
io conosco tanto quanto lei: la mia carne è la sua, il suo volto è il mio, il
suo piccolo cuore batte dentro il mio cuore da grande.»